lunedì 20 gennaio 2014

Villette di Charlotte Brontë


"La vita è sempre vita, con tutti i suoi dolori. Ci resta l'uso degli occhi e delle orecchie, anche se l'attesa di quanto ci appaga ci venisse negata del tutto e il suono di ciò che consola fosse messo completamente a tacere."
   
Villette è l’ultimo romanzo scritto da Charlotte Brontë. Si presenta come l’opera più matura dell’autrice e molto autobiografica. Scritto dopo che la Brontë ebbe perso sia il fratello che le amate sorelle nel giro di pochi mesi, Villette contiene -  attraverso la figura di Lucy Snowe, protagonista del romanzo – la sofferenza e la disillusione nei confronti della vita avara di gioie.
Lucy Snowe è, come la più famosa Jane Eyre, una disagiata, una donna costretta a lottare per il proprio avvenire e all’apparenza insignificante, non attraente. Al contrario di Jane, Lucy non trova il premio o la consolazione alle sue pene nell’amore passionale, che tutto sistema in quel “vissero felici e contenti” da romanzo. Lucy è forse più vicina al vissuto di molte donne, chiuse nella loro solitudine, nel loro dolore.

Il romanzo inizia in Inghilterra, dove Lucy è ospite della sua madrina, Mrs Bretton. La protagonista, per motivi non specificati, preferisce non vivere con la propria famiglia. Presso casa Bretton fa la conoscenza di Paulina Home, una bambina orfana di madre, affidata a Mrs Bretton da Mr Home. Il quadro che Charlotte Brontë dipinge nella prima parte del romanzo è alquanto adorabile, con scene di amicizia e dissapori vari tra Graham Bretton - figlio della padrona di casa – e Paulina. Quando però, Paulina prima e Lucy poi, lasciano la casa dei Bretton, i destini di tutti prendono sentieri diversi. Ovviamente è il destino di Lucy che interesserà il lettore. La ragazza dopo un’esperienza lavorativa conclusasi in breve tempo decide di lasciare l’Inghilterra e di trasferirsi sul continente, nello specifico in Belgio. Dopo una traversata quasi in solitaria approda a Villette, città immaginaria ricalcata sul modello di Bruxelles, dove la Brontë visse per un paio d’anni. A Villette la storia entra nel vivo. Qui Lucy bussa alla porta di collegio femminile per trovarvi ricovero. L’istituto dell’algida Madame Beck. Il destino vuole che la nostra protagonista sia assunta come insegnante d’inglese e qui conosca un uomo burbero e duro quale Monsieur Paul Emanuel, docente di letteratura. Tra i due nasce nel tempo un sentimento puro ma minato da incomprensioni caratteriali, dalle religioni diverse -  Lucy è protestante mentre Monsieur Paul è un fervente cattolico - e dalla ricomparsa nella vita di Lucy di Graham Bretton, diventato nel frattempo medico e trasferitosi con la madre proprio a Villette, per esercitare la sua professione. Un altro ritorno però incanterà il lettore affinché si compia un disegno d'amore e di felicità per alcuni dei protagonisti.
Nel complesso della storia, scritta in modo limpido ed elegante, non manca nemmeno l’elemento gotico e superstizioso, spesso rintracciabile nelle opere delle sorelle Brontë. Charlotte in particolare sembra avere una predilezione per i misteri ambientati nelle soffitte e sa creare quel tanto di suspense che rende la lettura accattivante. Pochi nascono davvero fortunati su questa terra e in questa chiave di lettura conosciamo Lucy e possiamo definire questo romanzo un grande affresco di vita tanto amara quanto reale
In conclusione chi ama le Brontë e le loro atmosfere cupe, burrascose, e le riflessioni profonde dell’animo in subbuglio, non può non fare posto a questo capolavoro in libreria.

Antonella Iuliano
Edito da Fazi EditoreQui per l'acquisto


domenica 5 gennaio 2014

Il ballo



Irene Némirovsky
Il ballo di Irène Némirovsky è un racconto di soli sei capitoletti che si legge molto piacevolmente in un solo pomeriggio. Lo stile, senza fronzoli e orpelli dell’autrice dipinge, attraverso semplici ma efficaci pennellate, un quadro, o meglio uno squarcio di vita quotidiana che mostra al lettore il rapporto infelice di una figlia con la propria madre. Protagonista della vicenda è la quattordicenne Antoinette, ragazzina vittima di una madre isterica, acida e vanesia, la quale dopo una fortuna improvvisa - che ha elevato il marito, il signor Kampf, banchiere, in società -  si atteggia a donna di classe e di prestigio nella sua nuova dimora, salvo poi lamentare la propria frustrazione sulla figlia ripetutamente maltrattata, umiliata, sgridata. L’ambiziosa signora Kampf, decisa a riscattarsi e a rinnegare origini ben più umili, oltre a  un passato non proprio da puritana, decide così di dare un ballo dove a presenziare saranno i personaggi più in vista di Parigi e vieta in malo modo alla figlia - che legge romanzi e sogna già i primi amori - di partecipare all’evento. La piccola Antoinette vive così momenti di profonda tristezza che la portano a provare quel profondo malessere adolescenziale e quella incomprensione disarmante, che spesso porta addirittura a preferire la morte alle dorate sbarre dietro cui si è prigionieri. Tutto questo finché non le si presenta l’occasione per vendicarsi della propria egoistica madre e proprio in occasione del tanto atteso ballo a casa Kampf.
Il lettore sensibile si ritroverà così pervaso da una specie di tenerezza per la sorte di questa ragazzina, tanto da giustificarne i pensieri cattivi verso la frivola e odiosa madre e assisterà compiaciuto alla lenta vendetta che libera la protagonista dall’indesiderato legame. Il ballo, ovviamente sfarzoso, degli arricchiti Kampf si trasforma così in una danza macabra e segna il passaggio alla vita adulta di Antoinette, proprio nel momento in cui sovverte la madre. La Némirovsky esprime in quest’opera il suo disamore verso la classe sociale a cui appartiene, dove a vigere è il Dio denaro e inoltre, cela, tra le righe, il difficile rapporto con la sua famiglia e con la madre in particolare.
Un racconto realistico e per questo quasi crudele: la demolizione della figura materna, la morte di una famiglia, uno squarcio di vita più comune di quanto si possa pensare. 
 Antonella Iuliano